di Emilija Vasiljevic

Arrivarono degli sconosciuti a casa. “Sono nostri ospiti”, disse mia madre, “hanno portato dei regali per voi due sorelline”.
Dalla scatola di cartone, come per magia, apparvero due oggetti ancora più magici.
Un fisarmonicista e una bambola.
Il suonatore di fisarmonica mi tolse il fiato per quanto sembrava reale.
Grande una ventina di centimetri. Fatto di gesso. Una faccia sorridente, i capelli neri, gli occhi neri, le guance appena arrossate. Con un cappotto blu e i pantaloni bianchi, la fisarmonica rossa con bottoni bianchi e neri, aperta.
Tra i bottoni una fila grigio nera di coste, stretta in fondo e aperta in cima in un ventaglio d’argento. Avrei giurato di sentire gli accordi della fisarmonica. Il petto mi si gonfiò di felicità.
La bambola era vestita con un vestitino colorato. Su base rossa, fiori blu, gialli e bianchi, calzini bianchi e scarpe nere di vernice. Capelli biondi, come naturali, occhi verdi, guance rosa. Senza dubbio più bella di quelle di pezza con cui giocavamo.
Ma non mi sembrava viva come il fisarmonicista. La bambola era una bambola.
Io avevo due anni e mezzo di più di mia sorella. Avevo quattro anni e mezzo, qualche mese di meno o forse di più. Mamma disse che potevo scegliere io per prima.
Scelsi il fisarmonicista senza esitazione. Mi conquistò subito. Le tempie mi battevano forte, sentivo i colpi e sentivo il mio cuore impazzito. Allungai le mani per abbracciare il mio fisarmonicista.
Ma rimasero dolorosamente vuote: mia madre veloce come un fulmine lo tolse dalle mie mani e lo mise in alto, in cima all’armadio.
Mi guardavano dall’alto tutti e due, il fisarmonicista e mia madre. Lei era una donna veramente alta ed essendo anche magra mi sembrava ancora più alta. Io ero piccola e molto smilza. Dondolavo sulle mie gambette sottili e ricurve, nata prematura e rimasta in vita per miracolo.
Le lacrime mi avevano annebbiato la vista, la voce di mia madre, come lo scocco di una frusta, aveva emesso la sentenza: “Non è da toccare, si può rompere. Lo puoi solo guardare!”.
Oscillavo in punta di piedi, sulle mie gambette magre e curve, maledicendo il destino e la mia sfortuna!
Era la mia prima esperienza di gioia tagliata con il machete.
Con la gola piena di dolore avevo guardato la mia sorellina che abbracciava felice la sua bambola. Lei era più piccola di me, eppure mi aveva raggiunto in altezza, pienotta, guance tonde, occhietti verdi, bionda. Molto simile alla sua bambola: sembravano due sorelle gemelle.
Da giorni mia sorella spoglia e riveste la sua bambola. La pettina, le fa il bagno e ci dorme insieme.
Il fisarmonicista ed io, siamo soli, ciascuno con il suo destino.
Lui in cima all’armadio. Io, sul pavimento di legno, con le braccia abbandonate lungo il corpo, col cuore stretto in una domanda senza risposta.
Ho fatto la scelta sbagliata o sono stata ingannata dal destino per la prima volta nella vita?