di Liliana Paganini

La disturbo dottore? Ah, meno male! Beh sì, è un po’ che non ci sentiamo… Sa, io mi sono trasferita per lavoro a Roma da circa un anno e a Pescara torno solo una volta al mese e quando si può. E ora non si può. Avrei proprio bisogno d’incontrarla, dottore. Ma fino a quando non riaprono la regione… Dovrei chiederle un consiglio. Per capire se ho ancora bisogno di cure, visto quello che mi è successo ieri notte. Sì, va bene, vado per ordine. Ieri notte, sì. Oddio, intorno alle 22. Dove? In garage. No, per essere precisi, nell’ascensore del garage.
Qui, nel palazzo dove abito, c’è un ascensore che dal garage porta direttamente ai piani. Avevo posteggiato l’auto e, constatato l’orario, sentendomi non più inseguita e stressata dal coprifuoco, finalmente respiravo di sollievo, sempre con la mascherina però, e pregustavo in bocca la pizza, che avevo appena ritirato nel mio ristorante preferito, da mangiarsi rigorosamente sul divano, mentre gli occhi e le orecchie sarebbero stati impegnati dal nuovo episodio della serie di … Sì, torno al punto. Con questo programma nella mente, ho chiamato l’ascensore. Tenendo gli occhi bassi e, aggiustandomi il pacco della pizza tra le mani, sono entrata nella cabina.
Stavo per spingere il tasto del terzo piano, dove abito, e mi sono appoggiata alla parete cercando di tenere il cartone della pizza il più possibile in orizzontale, (detesto che la mozzarella e le acciughe diventino un ammasso ovale nel fondo, lasciando solo tracce di pallido pomodoro sui tre quarti del cerchio!) ma… c’è sempre un ma, soprattutto quando mi accomodo bene. Ma, dicevo, l’ascensore è stato chiamato e si è fermato al piano terra con un sobbalzo. Questo ha reso il mio equilibrio precario e purtroppo, ha inclinato e fatto oscillare pericolosamente, il cartone. Tutta concentrata sull’operazione di recupero, lancio un’occhiata a un paio di pantaloni che lambiscono dei mocassini classici testa di moro, che si posizionano nell’angolo opposto al mio dell’ascensore. Ma… c’è un altro ma, come vede. Per correggere l’oscillazione, distratta dal mio sguardo, mi cade in terra, proprio sui classici mocassini, il cartone con la pizza e, aprendosi, lascia scivolare sul pavimento il suo prezioso contenuto schizzando ovunque. Istintivamente io e il nuovo ospite cerchiamo inutilmente di afferrare il cartone nella caduta, ritrovandoci avvinghiati e, scivolando sul pomodoro e mozzarella, roviniamo a terra. Ora io non so se è stato per l’astinenza forzata di tutti questi mesi… In una città per me così diversa, in un periodo come questo, non ho potuto fare nuove conoscenze e che vuole “la carne è carne!”. A trent’anni non si può pretendere che il corpo viva in clausura per quasi un anno! Non so cosa mi sia successo, ma… sì, un terzo ma. Ma ho provato un brivido. Sì, lungo la schiena. Ma… e beh, ce n’è anche un quarto! Ma non l’ho provato solo io. Sì, perché ho sentito una vibrazione che mi ha scossa tutta. Mi ha trapassata… e si è unita alla mia. Un’eccitazione pungente. Incontrollata. Forse animale, dottore? Mi ha assalita. Ho sentito i capezzoli dei miei seni, indurirsi. E non riuscivo più a staccarmi da quel corpo a cui mi ero avvinghiata. Il suo odore mi era familiare, ma non potevo associarlo a nessun corpo conosciuto biblicamente. Tuttavia era un profumo che conoscevo bene e mi risultava particolarmente gradito. Queste considerazioni erano durate appena pochi attimi e mi avevano distratta dall’indagare a chi fossi avviluppata e quindi, tornata a vibrare all’unisono con questo corpo sconosciuto, mi sono concentrata solo sulla percezione che avevo di quella carne, che del suo sangue già conoscevo il ritmo e il colore, la sua musica ormai scorreva in me. Danzava col mio sangue, e il cuore mi batteva ad un ritmo identico a quello di quel cuore ignoto. Avvertivo una sensualità misteriosa, indecifrabile, in quel corpo profumato. È stato in quell’istante che ho intuito di trovarmi in una situazione a dir poco inconsueta. Le mie mani, che sostituivano gli occhi, chiusi in un profondo abbandono, e che sondavano quel territorio sconosciuto, si sono scoperte improvvisamente ad accarezzare due morbide colline. Panico. Immobilizzandomi, sarei stata per urlare dallo sconcerto, quando una mano mi ha abbassato la mascherina e mettendomi un dito in bocca, ha cambiato immediatamente la prospettiva della scena e poi via il dito e delle labbra appassionate mi hanno baciato con impeto. Ecco il profumo! Rive Gauche, ma sì l’ho usato anch’io anni fa…
No, dottore, in quel momento non ho pensato al rischio Covid.
Semmai, vagabondava nella mia mente la domanda: con chi, fra le condomine del mio palazzo, fossi così intensamente aggrovigliata. Passavo in rassegna tutte le persone di sesso femminile che avevo incontrato, nel pur breve periodo, solo un anno che abitavo lì! I miei orari di lavoro, anche in smart working, non mi permettono una gran vita sociale. Sono spesso impegnata fino alle sette di sera e dopo qualche volta mi concedo una visita al supermercato di zona o una breve passeggiata, giusto per prendere una boccata d’aria, si fa per dire…
Quindi a parte la famiglia con cui divido il pianerottolo, che sembra uscita da un quadro di Botero e che conosco solo di vista, perché mi guardo bene dal salire in ascensore con nessuno di loro, per paura che si blocchi per il sovraccarico, l’eccentrica vedova dell’attico, che sospetto abbia più di un amante, intendo uomo però e la giovane coppia del secondo… lui è un tipo banale, ma lei è veramente notevole, palestrata, elegante. L’ho incontrata raramente, si vede che abbiamo orari diversi, sempre gentile, ma più che buongiorno o buonasera… comunque mi sembrava algida, invece questa è una bomba! Ragionavo: “D’altronde mi sta così appiccicata che non riesco proprio a vederla in faccia. Sfido chiunque a riconoscere una persona mentre la stai baciando…”. Poi, succede che mi si mette sopra… e ho pensato: “Cosa fa ora, vuol fare l’uomo?”. Mi sono sentita tutta scompigliata, insomma dottore, non mi era mai capitato di farlo con una donna! E oltretutto in queste strane circostanze. Ma ora mi rendo conto che forse ho perso qualcosa… Mi sentivo così eccitata, che per quanto la faccenda del virus abbia messo a dura prova, che dico, durissima, i rapporti interpersonali e di conseguenza anche quelli sessuali, costringendoci a una forzata astinenza, pure l’eccitazione che provavo era assolutamente speciale, voglio dire che esulava dalla pura necessità corporale. Intanto, la passionale condomina, mi aveva alzato la gonna di seta blu cobalto che avevo deciso d’indossare su un paio di calzamaglie di cotone verde scuro (che lei ha abbassato prontamente), dopo una lunga riflessione del tipo: e chi me lo fa fare? Intanto non mi vede nessuno! Per fortuna il mio intuito ci aveva visto giusto e mi sono sentita fiera della mia eleganza casual, che lei avrà sicuramente notato.
Riflettevo: come ti conosce una donna, un uomo se lo sogna! E ripensavo al mio ultimo ragazzo, che non riusciva neanche a slacciarmi il reggiseno, tanto era imbranato… Niente digressioni, sì. Tornando all’ardente sconosciuta, lei, avvicinando il suo pube al mio, strusciandosi, si muoveva su di me. “Si farà così?” ho pensato. Poi, improvvisamente, ho avvertito qualcosa di duro. “O mamma! Da dove l’ha tirato fuori quel coso lì?” Mi sono sentita penetrare da… sì, certo. Da lui. Sì, quello. No, dottore. Non un aggeggio strano. Proprio un pene. Inequivocabilmente un pene. Eh sì, chiamiamolo col suo nome! Sì, autentico. Avevo una gran confusione in testa… Stavo sognando? Comunque ero ancora talmente coinvolta, che mi sono adattata subito alla nuova prospettiva. “Tutto sommato, questo essere che dalla cintola in su è una donna, poi con l’altra metà, voglio dire la parte di sotto, se la cava niente male!” ho pensato, raggiungendo l’orgasmo in men che non si dica. Poco dopo, quando ci è arrivata anche lei, (o lui?) ha lanciato un urlo da Tarzan, che mi ha preso di sprovvista e mi ha terrorizzato, al pensiero che nel palazzo qualcuno potesse udirlo e interpretarlo come panico da claustrofobia da blocco di ascensore e si precipitasse a soccorrerci. Ma… sì, anche un quinto. Ma non faccio in tempo quasi a formulare questo pensiero, che lei si era risistemata tutta, aveva già spinto il tasto del primo piano, e quando si sono aperte le porte, rindossando la mascherina e sistemandosi i capelli fluenti che col sudore le erano rimasti appiccicati al viso, ha varcato la soglia, lanciandomi un’occhiata languida.
Sono rimasta per terra, scomposta da post orgasmo superlativo, con la pizza appiccicata alla mia preziosa gonna di seta blu cobalto. Faticosamente, ho tirato su un braccio per spingere il tasto del terzo piano, interrogandomi se avessi inventato io, di sana pianta, questa femmina-maschio o questo maschio-femmina, se l’intensa avventura, forse creata solo dal mio desiderio, da troppo tempo represso, non fosse l’inizio di una strana smania… Un sogno che aveva preso una deriva deviata. O se effettivamente, nel palazzo non abitasse questo eccitante personaggio…
Oggi, credo che mi farò un giro al primo piano, chiederò notizie ai vicini.
Al di là che sia stata o meno una fantasia, cosa che dovrò appurare, e per questo lei saprà quali medicine prescrivermi, intanto dottore, volevo chiederle: è il caso che mi faccia un tampone?