di Anna Sidonio

Sara spalancò gli occhi all’alba, non riusciva più a dormire.
Aveva passato la notte a rigirarsi nel letto, dormendo a intermittenza, la mente sveglia e il corpo nervoso che non ne voleva sapere di stare fermo. Ansia più eccitazione, un binomio perfetto per un tranquillo riposo e un dolce risveglio. Era uno straccio. Occhiaie profonde, pelle grigiastra e capelli arruffati. Andò ad aprire la finestra per respirare un po’ d’aria umidiccia di pioggia autunnale e schiarirsi la mente.
Aveva a disposizione un’intera giornata per prepararsi all’incontro con lui. Era emozionata, non lo vedeva da mesi, e la sua telefonata del giorno prima aveva avuto l’effetto di un sole che squarcia le nuvole, dopo giorni di pioggia, quando il torpore un po’ apatico e rassegnato viene improvvisamente scosso da una sferzata di luce e voglia di vivere.
Quella pausa di riflessione era durata abbastanza, lui aveva capito di avere bisogno di lei. Non aveva detto molto al telefono, come al solito. Era un uomo schivo e taciturno, con quell’aria da bambino fragile che sembrava andare in frantumi per un semplice tocco, bisognoso d’affetto e di attenzione, perfetto per la sua indole materna e protettiva.
I colori del giorno erano troppo tenui per fare da contorno al suo subbuglio interiore. Mancavano dodici ore all’appuntamento, un tempo infinito e breve. Non voleva apparire stanca, nervosa e troppo emozionata, lui era abituato a vederla forte e sicura. Decise di mettere in pratica tutte le tecniche di rilassamento che aveva imparato: riempì la vasca da bagno, accese delle candele e lo stereo. Un po’ di meditazione sarebbe servita a padroneggiare la mente e calmare l’ansia. Con gli occhi chiusi, immersa nell’acqua calda, cercava di concentrarsi sul suo respiro, ma la musica che aveva scelto la riportò indietro nel tempo, al loro primo incontro.
Era un locale affollato, una bellissima festa, stava ballando in mezzo alla gente, quando si accorse di quel viso dolce e un po’ triste che la guardava incuriosito da un angolo buio della sala. Era stato semplice avvicinarsi a lui e parlargli, uscire dalla sala per cercare un posto tranquillo, via dalla confusione.
La loro storia era iniziata così. Lui era un uomo timido e sensibile, non amava la compagnia e gli amici, odiava i posti affollati, la musica a tutto volume, e le feste. Non era stato un gran sacrificio per lei rinunciarvi e passare le giornate con lui, dargli tutto il suo amore, ascoltarlo e incoraggiarlo, trasmettergli la sua forza e la sua sicurezza. Era stato semplice e naturale decidere di vivere insieme, nel suo piccolo appartamento, nido perfetto per quell’amore appena nato.
Si ricordò di quella sera in cui al lavoro era stata trattenuta. Rincasò più tardi del solito, e lo trovò affranto, quasi piangente a pregarla di non farlo più, aveva avuto paura che non sarebbe tornata. Con tutta la comprensione di cui era capace, Sara aveva cancellato il suo turbamento, parlandogli per ore, rassicurandolo sul suo amore per lui.
L’ acqua era ancora calda, ma dei brividi freddi le attraversavano il corpo fino a farla tremare. Doveva asciugarsi i capelli, non poteva lasciarli asciugare all’aria, con quel grado di umidità i suoi riccioli si sarebbero ribellati a qualsiasi forma di disciplina. Lui la preferiva con i capelli lisci e ordinati, e vestiti classici che trasmettono calma ed equilibrio. Vederla così gli dava un senso di sicurezza, ne aveva bisogno, lo faceva stare meglio. Sara aprì la finestra per far uscire il vapore. La pioggia stava aumentando ora, insieme a uno strano senso di angoscia che stava sostituendo l’eccitazione mattutina. Si guardò allo specchio, aveva un aspetto migliore, le guance erano un po’ arrossate e le occhiaie meno visibili. Con il trucco avrebbe fatto miracoli, i capelli erano a posto, ma un improvviso impulso di ribellione le fece venir voglia di scompigliarli. Li bagnò di nuovo e li lasciò liberi di asciugarsi come volevano, scuotendo la testa al ritmo della musica.
Andò a rovistare nel frigo, aveva voglia di qualcosa di dolce e trovò una fetta di torta, forse era ancora commestibile. Poteva rilassarsi mangiando, non voleva pensare e tanto meno ricordare. Si sarebbe concentrata sul gusto, la torta era ancora buona, e c’erano ancora dei cioccolatini squisiti, residuo di una festa che aveva organizzato a casa.
Le venne in mente il giorno del suo compleanno, sei mesi prima. Aveva voluto invitare a casa degli amici per festeggiare, e lui aveva acconsentito dopo lunghe insistenze. Erano mesi che non vedevano nessuno, era stata una serata allegra, piena di risate e di abbracci, brindisi e sorrisi, ma il suo cattivo umore, lo sguardo sempre altrove, l’avevano fatta sentire in colpa per la sua stupida invadenza nel suo mondo riservato. Cominciarono a litigare dopo quella sera, sempre di più, accusandosi a vicenda. Lui diceva che quella vita non le bastava, che voleva sempre qualcos’altro, lei giurava di amarlo. Disse a Sara che dovevano separarsi per un po’, per guardarsi dentro e capire che cosa volevano l’uno dall’altra.
Era stata dura all’inizio, poi lei si era ripresa la sua vita, il lavoro, le amicizie e il senso di solitudine si era attenuato col passare dei mesi. Fino a quella telefonata, in cui le chiedeva di rivedersi, di parlare…
Mancava poco ormai all’ora dell’appuntamento. Era già vestita, truccata e profumata. Tutte quelle ore passate a ricordare avevano fatto svanire l’ansia e l’eccitazione. Era stanca. Prese la macchina e arrivò davanti al bar dell’appuntamento. Naturalmente aveva scelto un posto solitario, poco frequentato.
Sara entrò e lo vide in fondo alla sala, seduto al tavolino più nascosto. C’era poca gente, si sentiva solo il rumore della macchina del caffè e il ticchettio della pioggia. Si fermò a guardarlo mentre beveva il caffè, sicura di non essere vista. Era sempre così bello, con quell’aria sperduta e fragile di chi aspetta qualcuno che gli dia una ragione per vivere.
Il cameriere la guardò, con un gesto la invitò ad accomodarsi, lei gli sorrise, stava per togliersi l’impermeabile, rimase sospesa per un tempo indefinito… si richiuse la giacca, si girò verso la porta e uscì dal locale.
Montò in macchina e si diresse verso casa. Finalmente distesa a letto si addormentò, con negli orecchi il rumore leggero della pioggia autunnale, che ancora instancabilmente correva lungo i vetri delle finestre.