di Anna Sidonio

Mi chiamo Stella, ho tredici anni e adoro la matematica.
Il mio passatempo preferito è stare in giardino, all’ombra del nostro grande salice, col mio bel quaderno degli esercizi, a risolvere problemi complicati, rosicchiando la penna.
Io non ci trovo niente di strano, ma secondo i miei genitori, soprattutto mia madre, non sono normale, e si chiedono dove hanno sbagliato.
Ora mi sta chiamando mia madre, come sempre nel momento della mia massima concentrazione.
Faccio finta di non sentirla per un po’, ma lei continua imperterrita. Del resto, che ne capisce di equazioni e disequazioni numeriche di primo grado… o di quanto sia appagante risolvere un problema algebrico? Niente. Continua ad urlarmi che fa freddo e devo rientrare. L’espressione preoccupata arriva puntuale, non la vedo, ma la conosco a memoria, la sua faccia ansiosa dice tutto: una ragazzina della mia età, durante le vacanze, non dovrebbe starsene da sola a fare calcoli astrusi, dovrebbe uscire, stare al telefono con le amiche, o guardare la tv, o fare sport. Forse ha dei problemi. Ma perché non ho dei genitori un po’ assenti, come quelli della mia amica Manuela, che non la scrutano per capire cosa pensa, non fanno domande, stanno sempre fuori casa, tornano allegri e un po’ alticci e la ricoprono di baci e di regali?
I miei sono persone istruite, molto presenti nella mia vita, convinti sostenitori del dialogo e del confronto democratico. Dicono di volermi educare alla libertà e all’indipendenza e mi incoraggiano a compiere da sola le mie scelte. E allora perché, giunta alla veneranda età di anni tredici, mi stanno così addosso e non mi lasciano un po’ in pace?
A quanto pare, gli adulti ogni tanto hanno bisogno di prendersi una pausa dalla coerenza e si agitano inutilmente. Non che io non li capisca, sono umani dopotutto, non dev’essere facile avere a che fare con un’adolescente, con quello che si sente in giro poi! Ma loro potrebbero tirare il fiato, dopotutto non mi drogo, non ho piercing né tatuaggi, non metto neanche lo smalto sulle unghie, non mi sono rasata i capelli da una parte sola, ascolto musica degli anni settanta, mordicchio qualche penna e a scuola me la cavo.
Ovviamente non è tutto rose e fiori, qualche problemino ce l’ho anch’io. Sono un po’ sovrappeso, e l’acne fiorisce sul mio viso come nei prati a primavera. Qualche volta mi sento sola e inadeguata, ma non mi lascio prendere dallo sconforto e ricorro alla mia abituale arma di difesa: l’analisi e la razionalità! È un esercizio utilissimo in caso di fragilità improvvisa e tristezza inaspettata. I calcoli matematici sono perfetti per appiattire il quadro emozionale! Lo consiglio anche alla mia amica Manuela, quando va in crisi, ma lei non vuole darmi retta, e continua a piagnucolare ascoltando canzoni melense.
Forse a mia madre piacerebbe vedermi così, a struggermi per il primo amore non corrisposto, potrebbe finalmente esprimere tutto il suo calore materno e consolatorio, creando quella meravigliosa complicità femminile a lei così cara, fatta di confidenze e piccoli segreti, sotto lo sguardo affettuoso di mio padre, che si terrebbe a giusta distanza, per non rovinare quel momento così magico.
Ebbene no, non succederà mai! Sono stati loro a insegnarmi a essere forte, a non crollare davanti alle difficoltà della vita, e a trovare sempre, dentro me stessa, un’arma di difesa! Io per ora l’ho trovata, è pure divertente, mi dà grandi soddisfazioni, e i miei compagni di classe mi supplicano di aiutarli, di passargli i compiti, tanto che sto già pensando a come far fruttare, a livello pratico, la mia grande passione. Mi chiamino pure “Stella-mangia-penne”, sarà un piacere per me vederli sborsare paghette settimanali per compiti belli e pronti!
Sono pochi quelli bravi in matematica, bestia nera di tutte le materie. Quasi mai le femmine, forse è per questo che mi considerano strana. Mi crogiolo nello sguardo ammirato e complice del mio caro professore, uomo timido e un po’ goffo, che tenta di spiegare formule algebriche a menti costantemente connesse col nulla. Il piacere che prova quando, alla lavagna, armato di gessetto, comincia a sottrarre, moltiplicare, dividere, elevare alla massima potenza e calcolare rapidamente, lo capisco solo io.
E comunque, non voglio essere un’adolescente mediocre, emotivamente instabile e teledipendente.
Mia madre invece è fissata con la psicologia. Non è riuscita a laurearsi in tempo, dato che io sono arrivata prima del previsto mandando all’aria i suoi progetti, e poi vi ha rinunciato, “per amore della famiglia”. Lei dice che non è stato un sacrificio, che è soddisfatta della sua vita, infatti esercita la professione in casa, dodici ore al giorno, e la sua paziente sono io, dal momento che mio padre sta in ufficio e mio fratello è troppo piccolo. Ma non ne faccio un dramma, ognuno ha le sue passioni, chi meglio di me la può capire?
L’altra settimana i genitori sono stati convocati a scuola con una lettera in cui si diceva che la mia è una classe problematica, difficile da gestire, con elementi disturbanti, e che i docenti non erano in grado di portare avanti il programma. Si voleva informare i genitori che sarebbe stato richiesto l’aiuto di un “team” di psicologi per capire il giusto metodo educativo da intraprendere… eccetera. A mia madre si sono illuminati gli occhi. Gli psicologi hanno passato qualche giorno in classe con noi, osservando e sorridendo. Quando la mamma è tornata a casa dal colloquio con il prof. di matematica, si è seduta e mi ha guardato negli occhi facendo un gran sospiro. Ero pronta a una lunga filippica sul disagio adolescenziale, sull’importanza del dialogo, dell’educazione e del rispetto, la difficoltà dell’insegnamento eccetera eccetera…
“Allora com’è andata?” le ho chiesto.
“Pare che il problema sia il corpo docente. Me l’ha detto il tuo professore di matematica. Gliel’hanno detto gli psicologi.”
“Vuoi dire che il problema non siamo noi, ma… i prof?”
“Esatto”.
Mia madre mi ha guardato un po’ di traverso facendo un piccolo sorriso. Poi ha avuto un attacco irrefrenabile di risata scomposta che ha contagiato anche me, e non riuscivamo più a smettere. A quel punto ho cominciato a farle l’imitazione dei prof. e aveva le lacrime agli occhi… è stato un gran momento.
Credo che sarò sottoposta a psicoterapia materna ancora per molti anni, sarà dura, ma sopravvivrò e forse diventerò una ricercatrice.
E credo che mia madre sia fantastica!