di Silvia Trombetta

Oggi ho voglia di vestirmi bene, con cura. Non la solita fretta quotidiana. Anche questo è volermi bene e arrampicarmi su per la fossa in cui rischio di cadere. Voglio sentirmi bella. Voglio essere guardata. Senza appariscenze. Con leggerezza e levità.
Senza neanche guardarmi allo specchio, apro l’armadio e frugo nei cassetti. Le calze. Poi una gonna che non metto da tempo. E’ quello che ci vuole. Indosso le calze. Poi la gonna. Non si chiude. Insisto e riesco. Ma non respiro. Ora mi guardo allo specchio: compressa in questa guaina da cui sbucano eccessi di carne che la gonna non riesce a contenere. Non molto tempo fa la stessa gonna conteneva tutto. Un’altra me.
Da dove sbuca? Cosa ha a che fare con me? Con la mia vita? Come se il mio corpo mi sfuggisse e non mi appartenesse più. Un altro corpo. Mi fermo davanti allo specchio. Mi riconosco. Sì sono ancora io. Eppure.
La gonna è stretta. La notte non dormo. A tratti ho accessi di calore che non capisco se viene da fuori o da dentro, ma mi costringono a spogliarmi.
Il mio corpo non serve più a perpetuare le specie. Quello che doveva fare lo ha fatto, e con una certa efficienza devo dire. Ora dunque può deteriorarsi e lentamente svanire. Questo prevede la vita. D’ora in poi ho lo stesso rischio di infarto di un uomo. E le mie ossa lentamente si sfarineranno. Più di quelle di un uomo.
I miei seni sono ancora turgidi e alti, pieni di desiderio. Li guardo: per quanto ancora resteranno gonfi?
I capelli sono ancora neri, intensi, percorsi da ciocche bianche che hanno avuto la saggezza di ammorbidire il nero in modo quasi decorativo. Gliene sono grata. Un pelo bianco giorni fa è spuntato sul pube. A questo non avevo pensato. Il pube è nero. Il pube può essere orribilmente depilato riportandolo a una ingannevole innocenza quasi perversa. Ma a un pube bianco non ho mai pensato. Fra quanto apparirà su di me? Per ora ho tolto con la pinzetta quell’orribile precursore. E con la pinzetta tolgo anche i peli che spuntano sul mento. Come quelli delle streghe delle fiabe. Ora ho capito perché le vecchie streghe sono sempre raffigurate con i peli sul mento.
Mi guardo nell’insieme. I tessuti cominciano a essere mollicci. Cederanno sempre più. Non ho mai avuto un corpo tonico. Non l’ho mai cercato in realtà. Ho sempre preferito allenare la mente e lo spirito piuttosto che il corpo. Ne pagherò le conseguenze. Sono molto flessibile però. Nella mente e nel corpo. Ma questo non si vede.
Mi avvicino allo specchio. Guardo il volto. Ancora senza rughe. La pelle è ancora fresca. Ma solo ora mi accorgo che le palpebre iniziano a cadere. Ecco perché si sbava facilmente il trucco.
Mi allontano. Mi tolgo la gonna troppo stretta. La regalerò a mia figlia. Lei può. Mi guardo di nuovo. Nuda ora. Tutta intera. Sono ancora io. Sono sempre io. Sono ancora così viva, il mio corpo è ancora così vivo, ardente, pieno di desiderio, sensuale perfino. Per quanto ancora?
Frugo ancora nell’armadio. Provo varie cose. Poi lo vesto di un vestito morbido, che non stringe e non costringe, cade sulle mie molli rotondità e le accarezza. Non so se mi guarderanno. Mi guardo io. E esco incontro alla vita. Ancora una volta.