internorosso di Liliana Paganini
Quando si dice che una persona ti va a sangue! Cara Monica non ci crederai, ma veramente, uno così non l’ho trovato mai. Mai. Mi scombussola tutta.
Ma già dal primo appuntamento, sai? L’avevo conosciuto con amici, a una cena. Era con una.. una… come dire… un’attrice? Beh sì, ma non proprio. Una di queste del cinema, di quelle col nomino… Insomma una stanga mai vista! Girava con due pechinesi in braccio. E certo! Due cani pechinesi! E che pensavi? Sai quelli che sono piccoli come i gatti. Sì, anche più piccoli. Lei se li stringeva addosso come fossero peluche.
Ma insomma era una strafiga! Non potevo credere che con una così, potesse interessarsi a me. E’ vero non sono proprio da buttar via, ma quella era veramente una… Mi chiese il numero di telefono appena lei si allontanò, per andare alla toilette a far bere i peluche. Avevo il cuore a duemila. Glielo diedi in fretta e furia. Per carità prima che tornasse la stanga. Il giorno dopo, inaspettatamente, mi telefonò. Perché dico inaspettatamente? Perché di solito, per decenza, gli altri almeno un giorno lo fanno passare. Per non sembrare troppo interessati. Lui no. Mi piacque per questo. In realtà, telefonò perché l’indomani doveva partire per la Francia. Mi diede appuntamento per un aperitivo in un posto speciale, alla moda. Un bistrò con dei bellissimi, grandi divani bianchi.
Eh me li ricordo! Eccome! Non so se esiste ancora questo posto e se è ancora così. Avevo scelto con cura l’abbigliamento. Un abito corto semplice, ma ben tagliato, di un colore tra il vinaccia e il bordeaux, un cappottino di lana merinos marrone scurissimo e accessori bordeaux: borsa, scarpe e un foulard. Varcai la soglia con un tamburo che mi batteva nel petto. Non sapevo dove mettere le mani. Improvvisamente mi sentivo delle braccia lunghissime. Che mi impicciavano. Lui era già lì. Mi aspettava seduto al bancone. Varcai la soglia e, si vede che quel tamburo che rintronava nel petto, mi annunciò perché, si girò di scatto e mi inquadrò. Ebbi come un sussulto. Credo però che riuscii a nasconderlo. Sorrisi. Venne verso di me e mi guidò a un divano dove mi accoccolai e strinsi tutta, per il freddo che sentivo. Mi affidai a lui. Ordinò un calice di un vino rosso preziosissimo del quale non ricordo più il nome preciso, solo il suono. Parlava con un tono carezzevole, quel che dicesse non era molto chiaro, ma a me non importava. Mi bastava stare rincantucciata lì, su quell’accogliente divano di confortevole stoffa bianca, con la musica delle sue parole e quel calice di vino sconosciuto che mi stava finalmente rilassando. Mi sembrava che il corpo materialmente mi si sciogliesse, stavo bene. Benissimo. Promise che sarebbe ritornato presto in Italia e mi diede appuntamento dopo un paio di settimane. Comunque ci possiamo sentire con WhatsApp prima, disse. Verso le otto e mezza, con rammarico, perché aveva una cena da sua sorella -che vuoi ora che vivo in Francia la vedo molto meno- ci alzammo e si avviò alla cassa. Io mi girai a raccogliere le mie cose e vidi su quel bellissimo divano bianco una estesa macchia rossa. Oddio! Mi prese un colpo. Possibile che fossi stata io? Forse il vino rosso? No, non mi era caduto. Me ne sarei accorta e poi avrebbe macchiato prima il vestito. Inoltre il vino lascia più un alone che una vera e propria macchia. Forse c’era già? Feci scivolare le dita sulla macchia e constatai che era umida. Dunque ero stata io? Mi accarezzai con un gesto composto, come a distendere l’abito dietro, sulle gambe e… Cazzo! Mi sono arrivate! Così, all’improvviso, senza neanche un doloretto alle ovaie, alla schiena. Che so, un’avvisaglia di qualche genere! Non le aspettavo ora. Mancava ancora qualche giorno alla scadenza. In ritardo sì, tante volte. Da farti gelare il sangue. Ma in anticipo mai! E ora, che fare? Che vergogna. Che vergogna. Che vergogna! Fortunatamente il colore vinaccia del mio abito mimetizzava la macchia. Misi in velocità il cappotto. Lui per fortuna era alla cassa in attesa della ricevuta della carta di credito. Meno male. Benedette le carte di credito! Un primo appuntamento con un simile disastro sarà senz’altro anche l’ultimo, pensai. Con distratta disinvoltura, feci scivolare il mio foulard, sui toni dal carminio al bordeaux, sulla grande macchia che disonorava quell’ immacolato divano, sperando che nessun solerte cameriere mi raggiungesse con un sorriso per riconsegnarmelo, e mi avviai verso l’uscita per raggiungerlo. Varcai l’uscita con il tamburo nel petto, come all’entrata, non vedendo l’ora di fuggire. Gli chiesi di accompagnarmi in fretta alla fermata del 52, che sapevo essere fuori dalla visuale del bistrò. Ci salutammo alla fermata dove lui, inaspettatamente e con una sorprendente velocità, mi piazzò un bacio in bocca lasciandomi senza fiato. Finalmente arrivò il tram, salii e cigolando mi allontanai.
Rimase immobile a salutarmi, fino a quando la curva mi tolse visuale.
Quello, mia cara, è stato il primo appuntamento. Per fortuna ce ne sono stati altri. Non so se sia mai tornato in quel bistrò e se lo abbiano identificato come il “Macchiaiolo del Divano Bianco”, io ho evitato accuratamente di passare anche solo nei paraggi del divano bianco. Certo è che non è stata l’unica volta che con lui mi sono venute improvvisamente le mie cose. Chissà perché non le chiamo mai col loro nome: mestruazioni.
Mi accorgo che uso sempre degli eufemismi: il mio ciclo o le mie cose, quasi mi vergognassi anche solo del nome. Comunque, sì, spesso quando veniva a trovarmi ero mestruata. Una coincidenza? Forse sì o forse no. Delle volte pensavo che avesse un radar. Capitava sempre in quei giorni e se non le aspettavo, sbucava lui e arrivavano… Per fortuna non mi è più capitata una situazione così terribilmente imbarazzante. Ormai, poi, mi sono attrezzata, ho sempre un assorbente in borsetta. Fa parte del mio corredo. Quando lo incontro, vado spesso alla toilette a monitorare la situazione e corro subito ai ripari. Devo aver letto da qualche parte che l’odore del mestruo attira il maschio. Si vede che avvertono la femmina fertile. Dev’essere così, vista la passione di quel bacio. Forse il mio corpo cerca di catturarlo come può. Lui è sempre in viaggio. Mi piomba in città, così all’improvviso, per qualche giorno meraviglioso e poi sempre all’improvviso, riparte. Se gli causano fastidio? Avrei immaginato di sì. Non ti racconto con quanto imbarazzo gli ho raccontato di trovarmi in quelle condizioni, quando è successo che noi… insomma la prima volta. Ma, per buona sorte, non prova fastidio lui. Io magari preferirei che almeno una volta andasse “in bianco”! Sì, è evidente, ho provato a dargli date certe, ma finora non ci sono riuscita. In qualsiasi giorno del mese si presenti, loro, puntuali, vengono a salutarlo. Che vuoi, ormai mi ci sono abituata. Ora con lui frequento un bistrò nel quale servono un costoso aperitivo, ma abbondante e vario. Il locale per me è un po’ fuori mano, tuttavia è carino e soprattutto, per ogni evenienza, è corredato di un magnifico ed eccitante arredamento interno rosso.