di Chiara Nobilia

Mia madre è un grande albero:
una quercia – direi –
magnifica.

È tutte le donne,
tutte le stelle
e ogni costellazione;
adolescenza che incanta la vita,
lacrime di empatia,
fattura finissima dei pensieri.

Mia madre è un taglio di capelli
all’improvviso,
il tocco di rimmel e rossetto,
un biglietto scritto a mano
congiungendo le esatte parole;
è un calice del vino più pregiato –
un Amarone della Valpolicella –
senza saperlo.

Lei è il top color sabbia
dei suoi 18 anni,
che mi ha regalato
e che ogni estate metto in valigia
e porto al mare con me:
il capo più prezioso.

Mia madre è amore rampicante
che fa saltare in aria ogni categoria,
è la forza sconvolgente della formica
e la scelta di sorridere
oltre molte, moltissime cose.
È sguardo,
ascolto,
racconto, nell’offerta di parti di sé.
Mia madre è il suo mistero,
la sua storia,
i suoi passi sulla strada.

È lei che mi ha insegnato
a combattere
con la pienezza coraggiosa
con cui hanno scioperato nel 1912
a Lawrence, in Massachusetts;
è lei che mi ha insegnato
a combattere
con la consapevolezza di avere
possibilità di vincere,
bisogni primari,
un fondale senza prezzo da difendere
e un’urgenza sconfinata:
di pane e di rose.