di Maria Laura Centi

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Il suono delle onde, le voci e le grida dei bambini sulla riva, secchielli, palette, ciambelle multicolori, le vele all’orizzonte, l’azzurro del cielo, il luccichio del mare, il sole infuocato sulla pelle finalmente bruna, la sabbia che scotta sotto i piedi e mi costringe a correre fino alla riva.
Mi immergo nell’acqua fresca, verde, limpida e mi inonda un meraviglioso senso di benessere, un piacere totale, puro e rigenerante; comincio a nuotare verso il largo, ma non troppo in alto, ed anche i movimenti ritmici e vigorosi del nuoto mi danno piacere e benessere fisico e mentale.
La cuffia colorata e piena di arabeschi di mia madre e la sua faccia rotonda ed abbronzata con i grandi occhi verdi sembrano comparire all’improvviso sul mare, di fronte a me; è sempre così ogni volta che sono qui.
Mia sorella ed io piccine in alto mare insieme a lei, aggrappate al materassino, allegre, io con la mia ciambella quadrata gialla e blu, molto fiera del fatto che sia quadrata, così originale, diversa da tutte quelle circolari degli altri bambini, i capelli neri ricci e la faccia paffuta, mia sorella minuta come uno scricciolo nella sua ciambella con la testa di Bambi, anche lei piena di riccioli neri.
Mia madre amava molto il mare, nuotava benissimo e con piacere e ci portava sempre al largo con lei, ma veramente molto in alto, talmente in alto che guardando la riva vedevamo le case lontanissime e le persone ridotte ad un puntino. Era un’avventura andare in acqua con lei. Restavamo in alto per un tempo lunghissimo, finché i polpastrelli non diventavano “lessi” e lei ci diceva “è ora di tornare, vedete le dita tutte grinzose?”.
Il presente e il passato si incontrano e si mescolano mentre sono qui nell’acqua, i ricordi tornano ogni volta un po’ di più, ogni volta un po’ meno tristi e più dolci.
Lei che scende dal sentiero di casa verso il mare, con la cuffia già sul capo e le pinne sotto il braccio; lei che si tuffa e comincia a nuotare vigorosamente, come ha fatto fino agli ultimi anni della sua vita; lei che rema e ci porta al largo sulla piccola barca che ha comperato, perché anche remare le piace moltissimo e lo ha insegnato anche a noi.
All’inizio ci aveva fatto esercitare con il pattino ad Ostia, quando c’erano quei meravigliosi pattini di legno, che ormai da tanti anni sono stati soppiantati dai pedalò; poi con l’acquisto della casa al mare aveva comperato quella bella barchetta con cui ce ne andavamo al largo tutte e tre remando a turno.
Ci ha insegnato a nuotare, a remare, a guidare l’automobile; non ci ha insegnato ad amare, ma nessuno è perfetto.
Era forte mia madre, robusta e piena di energia: una volta ci trovammo in mezzo al mare con una corrente terribile che ci spingeva verso il largo, ricordo che mia sorella era molto piccola, poteva avere tre o quattro anni. Lei afferrò mia sorella e nuotò fino alla riva, dove la lasciò e tornò in mare per portare in salvo me, nuotando come una forsennata. Ho vivissimo il ricordo del mio smarrimento nel sentirmi trascinata in alto, sempre più in alto dalla corrente mentre guardavo lei allontanarsi verso la riva con in braccio mia sorella; e il sollievo, poi, quando poco dopo mi raggiunse di nuovo.
Mio padre, invece, quando eravamo più grandi, aveva comperato il motoscafo e quasi ogni giorno partivamo per una nuova gita; lui non sapeva nuotare, veniva dalla campagna umbra e neanche mia madre era riuscita a fargli vincere il timore di lasciarsi andare in acqua. Però aveva comperato la casa al mare per far felice lei e una volta che si era trovato lì, un’estate dietro l’altra, gli era venuto il desiderio di entrare in contatto con questo misterioso mare che lo intimoriva ma al tempo stesso lo tentava: allora aveva comperato prima una barca a motore e più avanti addirittura un motoscafo, arancione e rosso, i miei colori preferiti. Così avevamo cominciato l’avventura di uscire al mattino tutti e quattro, carichi di giubbotti e ciambelle salvagente, e “andare per mare”. Torre Astura, Sabaudia, il Circeo, Sperlonga, Anzio le nostre mete. Si approdava per una nuotata e un picnic, muniti di ombrellone e di cibarie preparate da mia madre prima della partenza ed era bello mangiare sulla spiaggia, il sole era caldo, ma non il caldo infernale di adesso.
Sono stati begli anni, quelli; mamma e papà sembravano andare d’accordo, apparivano uniti, complici e contenti.
Mia nonna, che aveva sempre seminato discordia tra loro, non c’era più e mia madre era finalmente libera di provare sentimenti positivi, libera di essere moglie e madre come voleva. Era libera, tutto qui.
Per questo, credo, al mattino della domenica quando mi svegliavo la sentivo cantare in cucina con la radio accesa mentre preparava il ragù per il pranzo. Non ricordo un altro periodo così sereno e di armonia come quello e non ricordo quanto durò. Sarebbe anche difficile spiegare perché finì e non è a questo che voglio pensare ora mentre nuoto appagata e tranquilla, con i ricordi più belli che mi fanno compagnia.