di Leonora Carducci

“Ma sei sicura che fai parte del Clan delle Femmine?”.
“Sì, certo, guarda che ne fai parte anche te”.
“Sì va beh, ma io mica mi ci sono iscritta”.
“Guarda che ne fai parte dal momento della nascita”.
“Davvero?”.
“Sì, si”.
“E che si fa lì?”.
“Ci raccontiamo storie, le nostre, ci aiutiamo nei momenti del bisogno, ci prendiamo cura dei nuovi arrivi”.
“E poi?”.
“E poi scherziamo, ridiamo”.
“Senti, ma secondo te, posso raccontare la mia storia?”.
“Certo”.
“Però prima ne parlo con te? Va bene?”.
“ Sì, dai”
… Lo sai che il signore che vive con mamma non è il mio papà, beh io comunque, lo rispetto anche perché è il papà di mia sorella. Però con lui, in casa nostra, è entrato il fratello, poi c’è mio nonno. Io lì ci sto un po’ stretta, e poi non mi trovo bene con lo zio. Ci litigo sempre, mi dice sempre di andare a lavorare, che non possono mantenermi. Ma io ho solo 16 anni. Mamma mi guarda con tenerezza e mi sorride, mi dice che tutto va bene. Io vorrei dirle, mamma non va bene, non va bene nulla.
Ti ricordi mamma quando mi hai lasciato sola con lo zio? Ecco non si è comportato bene con me, ha fatto quello che non si fa, quello che gli zii non fanno con chi gli sta vicino, soprattutto con una ragazza di 16 anni.
Ma a mamma non gliel’ ho potuto dire perché non mi avrebbe creduto, perché avevo tutti contro, perché lei aveva paura di restare sola di nuovo e adesso con due ragazzine. Io ho preferito andarmene.
Mi sono ritrovata in strada con poche cose… poi vi sono venuta a cercare a te e a Marina.
Ti ricordi quella mattina? Mi hai fatto lavare, andare in bagno, mi hai dato delle cose da mettere. Mi hai fatto fare colazione, mi hai dato dei soldi. Tu dovevi andare a lavorare e io non volevo farti fare tardi. Ti ho ringraziato e me ne sono andata. Grazie per quello che hai fatto per me, che non ti sei fatta problemi ad aprirmi e a farmi entrare, ero sporca, era presto ma mi hai fatto entrare lo stesso. Tuo papà non ha detto nulla. Adesso vedo tanti cambiamenti, c’è meno vergogna nel dire le cose, si è più unite, si cerca di lottare insieme. Prima c’era sempre la paura di essere giudicate: la colpa era sempre la nostra. Tu ne sai qualcosa, vero?
Da quel giorno che ti sono venuta a trovare non ci siamo più riviste, io poi ho iniziato a lavorare ma è durato poco. Io ora non sono più tra voi, ma vi sono vicina, vi vedo.
Lottate anche per me, dobbiamo essere coscienti che non possiamo essere più maltrattate, violentate. Fallo per me, fallo per noi. Ciao, Antonia.
Una stretta al cuore e Antonia è in una intima parte di noi!!
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