di Anna Maria Brigida

È un pomeriggio di fine ottobre, una di quelle giornate solari, le ottobrate romane, in cui spettacolari lingue color pastello si allungano su tutti gli angoli della città. Alle 16 ho un appuntamento davanti al supermercato Elite con una signora e un cagnolino. La sua foto me l’ha postata la mia amica Cristiana su WhatsApp: “Ti interessa?”. Come taglia andrebbe bene. In ogni modo, ho messo le mani avanti, scrivendo alla padrona: “Se ci piacciamo entrambi, lo prendo!”. Anch’io devo piacere a lui. “D’accordo”, mi ha risposto. Sono emozionata come se dovessi sostenere un esame. Arrivo all’ora prestabilita, ma non c’è nessuno: né la signora né il cagnolino. Avrebbe potuto essere più precisa, mi dico. Giro la testa di qua e di là. Poi, nervosamente, guadagno una posizione davanti all’entrata del supermercato e la vedo arrivare dalla cancellata destra, bassina e trafelata. Tiene, nella sinistra, un lungo guinzaglio: il cagnolino della foto tira avanti svelto. È lei e le vado incontro. Mi chino e accarezzo la testolina di Picculinu, questo il nome del canetto. “Non lo faccia!”, mi intima la signora. “Non la conosce e quel gesto lo spaventa.” A me non sembra affatto la reazione di un cane spaventato, al contrario, si lasciava fare. “Se vuole lo accarezzi sul collo, cosa che lui gradisce”. Eseguo e noto che le due carezze sono bene accette in egual misura. Mi sciorina subito la sua storia. Non è l’unico: sono quattro cani rimasti senza padrone, che era suo fratello, morto da poco di infarto, dice. Vivevano, i cani, con lui nella seconda casa in campagna. Mi viene subito da pensare “gente che sta bene”. Noto subito in lei un abbigliamento raffinato. “Questo cagnolino, di ben sette anni, si presentò un giorno sulla soglia della casa di campagna scegliendola come sua stabile dimora. Dopo poco si trascinò dentro, una cagnolina in dolce attesa che ben presto partorì due maschietti. Al momento sono tutti e tre sistemati: resta solo Picculinu da accasare”. Mentre la signora racconta, resto affascinata dai vestiti di stoffa pregiata che indossa e, soprattutto dai suoi capelli bianchi, come desidererei portarli io, con un taglio ben armonizzato al viso. Intanto decide di sopprimere la prova del “piacersi l’un l’altro” e di non darmelo. Io non avevo messo in conto che dovevo “piacere alla signora”. Tiro un sospiro di sollievo: in fondo, sono uscita da un periodo no e ho bisogno di riprendere le forze. Prima di salutarci allungo un’ultima carezza sul collo di Picculinu e, facendomi sfacciata, le chiedo se può darmi il telefono della sua parrucchiera. Acconsente, lusingata. “Mi ha seguito passo dopo passo finché non me li ha tagliati cortissimi.” Ora, ecco il risultato: una bella testa bianca. Mi piacerebbe lo stesso taglio: so che i miei capelli reggerebbero il confronto. Così ci lasciamo con la sua promessa di inviarmi l’indirizzo della parrucchiera desiderata.
Appena ricevuto il numero, chiamo il negozio. Sono lì nel giro di pochi giorni. Avevo intenzione di spiegarle prima come volevo fosse il passaggio. Lei, Gianna, dopo il lavaggio, prende le forbici e taglia. Vedo cadere i miei capelli e formare un bel mucchietto sul pavimento. Forse ho trovato la persona giusta che “sa tagliarmi i capelli”. Mi guardo allo specchio e mi piaccio. Sì, finalmente ho trovato una parrucchiera in grado di soddisfarmi. Ci ritorno una settimana dopo, il giorno del mio compleanno per una piega. La mattina, sul tardi, ricevo gli auguri da Lucia che mi dà appuntamento alla messa in parrocchia e “poi andiamo a mangiare qualcosa”. A messa c’ero già stata ma non mi dispiaceva di tornarci. Mi allettava il “poi”, lo stare insieme. “Farò tutto il possibile per esserci”. Aspetto invano Lucia: ricomincia la depressione e ricomincio a farmi male. Così decido di prenotare una piega da Renato, il mio vecchio parrucchiere. Mi presento con la mia “testa bella” e subito mi scuso per il tradimento. Dopo il lavaggio, Renato con le forbici mi “riaggiusta” la piega: ed ecco, ancora la solita “testa piatta” che detesto. Non mi piaccio più, ma lotto. Passato un mesetto, fisso un appuntamento da Gianna. Seduta, pronta a ricevere il suo capolavoro, non riesco a dirle di Renato. Lei però ovviamente si accorge che sono stata da un altro. Finito il lavoro, mi rendo conto che ha ripreso quel taglio che odiavo, alla perfezione. Ma decido di non disperarmi. Aspetto la ricrescita per darmi un’altra possibilità. Già so da chi: un altro negozio che mi ha proposto un’amica all’inizio dell’estate dove tentai di entrare, ma mi frenai per non dare un dispiacere al mio vecchio parrucchiere. Tra l’altro si trova in mezzo agli altri due, come un angolo acuto tra due rette. Allora, mi dico, devo proprio andarci.