di Gabriella Mazza

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Ho ritrovato un pezzetto del diario che ho scritto durante il lockdown. Le riflessioni e le scelte di quei giorni sono state molto utili anche dopo e lo sono anche adesso. Ad Isabella non ho spiegato subito che c’era il Coronavirus, Isa non avrebbe capito il senso di questo pericolo fino in fondo e, soprattutto, non avrebbe capito, come molti altri ragazzi autistici, il perché dover cambiare improvvisamente abitudini. Allora, senza spiegare niente, ho continuato a vivere con lei nella modalità già conosciuta, modalità che, fortunatamente, in casa era già molto strutturata, aumentando e alternando le attività. Abbiamo fatto una vita semplice, la stessa che siamo riusciti a costruire in questi ultimi cinque anni, scandita dalla sveglia sempre alla stessa ora, dalla doccia, dai pasti, dalla visione di un cartone dopo mangiato, dalla visione di alcuni video nel pomeriggio, da un gioco al computer dopo cena. “Quanto manca?”. Questa era la domanda che da bambini facevamo ai nostri genitori, stanchi di un cammino troppo lungo. – “Ci siamo quasi” – era la risposta, consolatoria e menzognera. Perché la verità, (“non siamo neanche a metà strada”), ci avrebbe fatto sciogliere in un pianto sconsolato. – Durante il lockdown sapevamo tutti che dopo Pasquetta non ci sarebbe stata la fine della clausura né il ritorno degli abbracci, ma avevamo bisogno di una bugia per resistere o, quanto meno, di una verità somministrata in dosi sostenibili. Anche per Isa ho capito che era necessario fare così, cioè somministrarle la verità in dosi sostenibili. Ma come avrei potuto fare? Una delle cose più difficili è stato capire come aiutarla a comprendere la scansione temporale e quali immagini utilizzare a tale scopo: per immagini intendo disegni, fotografie, simboli. Ogni volta che Isa mi chiedeva qualcosa di bello per lei, qualcosa che avrebbe voluto fare di nuovo, il suo “quanto manca?” io le rispondevo con “il mio ci siamo quasi”. Isa che è ancora a letto mi chiede sottovoce “al ristorante”. Io mi siedo vicino a lei e le dico: “Sì Isa, quando finisce l’isolamento da Coronavirus (facendole vedere le foto del virus), andiamo al ristorante”. Isa risponde “sì” e iniziamo la routine del mattino. Isa mi chiede: “Irene”, Io rispondo “ok, quando finisce l’isolamento potrai vederla. Oggi pomeriggio guardi i video e chiamiamo Irene”. Isa chiede “libreria, libro”, le rispondo “ok, quando finisce la pandemia andiamo in libreria. Adesso giochiamo a domino”.
Questa strategia della verità a dosi sostenibili, ci ha molto aiutato e continua ad aiutarci per evitare grosse crisi di Isabella. L’avvenimento accadrà poi realmente, esattamente quando non si sa, l’approssimazione temporale aiuta Isabella ad accettare il procrastinarsi dell’evento.
Perché “l’esattamente quando” è un concetto piuttosto astratto.